Nei giorni di solitudine
cercami tra le cose
che si possono dare per amore.
Nel volo primaverile degli uccelli,
nelle nubi e nel tramonto
sanguigno,
mentre si fonde con il sole.
Nei falò estivi,
tremolanti,
quando li inghiotte
il buio del cielo.
Nella furia dei venti,
intrecciati tra loro
e nei rami degli alberi,
mani che abbracciano.
In tutto mi trovi.
Quando t’immergi nell’acqua,
cercami nell’onda
e m’insinuerò tra le tue gambe.
La conchiglia
che si è attaccata allo scoglio
e non lo lascia più
sono io.
Cercami nel fruscio delle erbe
che il vento piega
e gli si abbandonano estatiche,
mi trovi nelle radici
che invadono il cuore della terra.
In tutte le cose
che si possono dare per amore
e per amore prendono,
cercami.
Dovunque sono io,
è il mio amore.
(1912-2000) con parole semplicissime, dolenti come lacrime, la poetessa slovena Mila Kačič canta il dolore che da secoli accompagna la vita di tante donne: donne i cui uomini combattono lontano, donne trascurate e picchiate, donne che perdono un fratello, donne private dei figli, donne ammalate, donne il cui amore è calpestato dall’indifferenza e dall’oblio.
Mila Kačič, slovena, nata il 5 ottobre 1912 nelle prossimità di Ljubljana, dove ha studiato canto e pianoforte al Conservatorio, e recitazione all’Accademia di arte drammatica, con alle spalle una carriera di attrice, è stata una di quelle poetesse che strappano la vita a morsi sin dalla nascita. Figlia illegittima dell’educatrice di un orfanotrofio per bambini poveri, Ljudmila Kačič, dalla quale ha preso il cognome, e di un ricco proprietario di Lubiana, ha scritto soprattutto liriche dove prende vita l’amore per un uomo e per il figlio, e con esso i dolori delle donne e della madri. La sua grande passione fu lo scultore Jakob Savinšek, con il quale ebbe David, morto dieci anni prima di lei. La disperazione di un genitore che sopravvive a un figlio da sempre sferza le esistenze di quanti sono così sfortunati da viverlo. Mila Kačič, per strapparselo di dosso, l’ha messo in versi così: «Sulle ginocchia ninno la vita che piange / piange a dirotto / così perduta, dimenticata, sciupata e misconosciuta. E’ inconsolabile / Ma cosa vuole ancora? / Eppure l’ombra della felicità / ha sfiorato / questa smorfiosa viziata, esigente, puerile e ridicola. / Mi chinerò profondamente / perché una buona volta mi cada dal grembo».
Le sue poesie sono state pubblicate sinora in otto raccolte.
